
Illustrazione di Guido Scarabottolo
Storycorps è una fondazione americana che si è data un compito speciale: raccontare storie. Storie piccole, quotidiane, personali: quei frammenti che danno senso, colore, profumo alla nostra vita.
È facile immaginare quanto sia variegato il mondo che propongono, ma c’è un aspetto che spesso ritorna: la “resilienza”.
In psicologia, si parla di resilienza riferendosi alla capacità delle persone di cogliere qualcosa di utile dai momenti di difficoltà, di starci dentro e uscirne diversi rispetto a prima, di saperli vivere come passaggi che ci permettono di essere ciò che siamo.
Una storia che mi ha colpito è quella di Chevarie*, una studentessa della Corliss High School di Chicago, di cui vi traduco e riporto un estratto:
Mi chiamo Chevarine e una caratteristica che mi riconosco è la resilienza. Credo di possedere la resilienza perché nella mia vita ho vissuto molti momenti difficili. Ripensare a come ho superato cose e persone negative mi fa percepire un senso di calore e traguardo, ma ci sono molti scheletri e oscurità nel mio armadio.
In prima superiore sono stata vittima di bullismo, ma sono convinta di esserlo stato ben prima. Non ricordo, perché all’epoca ero piccola e non prestavo attenzione a ciò che gli altri dicevano e pensavano di me. Venivo bullizzata perché ero diversa dagli altri.
Non sapevo come far fronte alle mie emozioni: volevo solo morire, volevo uccidermi. Mi sembrava che nessuno capisse il mio dolore, e nemmeno ci provasse.
Prima di capire io stessa cosa mi stava succedendo, finii in un centro di salute mentale – Hargrove – perché avevo bisogno di imparare a comprendere il mio dolore, gestire i miei problemi di ansia e rabbia.
Il 2012 e il 2013 sarebbero quindi potuti essere i peggiori della mia vita a causa di tutto questo dolore.
[…]
Rimasi lì per due settimane, imparando come vivere i miei problemi.
Quando lasciai Hargrove, avevo un senso di pace interiore mai sentito prima e sapevo di essere giusta. Sapevo che non importava ciò che avevo vissuto, io ero giusta. Oggi affronto le cose di sempre, ma con la consapevolezza di essere giusta.
Oggi so che la vita è troppo corta per permettere a un evento solo di decidere per il mio intero futuro.
La resilienza è quindi qualcosa che credo tutti possediamo, ma dobbiamo trovare la forza dentro di noi per riconoscerla e usarla.
[…]
Nessuno merita di essere buttato nel dolore come è capitato a me. Eppure, nella vita attraversiamo anche cose brutte, che ci portano a diventare ciò che siamo, come se il destino aspettasse il giorno che il dolore e le lacrime se ne vanno, per realizzarsi.
Questa storia, per quanto frammentaria, mi ha colpito per lo sguardo nuovo che porta dentro di sé: il cambiamento nel modo di vedere se stessa e di vivere le opinioni degli altri.
Il bello di incontrare le storie degli altri è che ci permettono di far risuonare alcune corde anche dentro di noi e di porci alcune domande.
Dopo aver letto di Chevarie, ciò che ha passato, l’entusiasmo dei suoi sedici o diciassette anni, lo sguardo con cui guarda il futuro, mi chiedo:
quali sono gli eventi grazie ai quali sentiamo
che la nostra vita ha preso una forma nuova?
Alessandro Busi
Mestrino, Padova e su Skype
*La storia di Chevarie è inserita nella raccolta “StoryCorpsU Gold Stories 2012-2013 through 2014-2015” a pagina 19 e 20.
Raccontata e tagliat cosí come l’avete messa, la storia di Chevarie non dice nulla, sembra la storia di una ragazza bipolare in fase maniacale. E anche i tempi non sono chiari. Parla del 2011 e 2012 come i peggiori della sua vita e dopo un taglio dice che è stata lí (nell’iatituto di igiene mentale?) due settimane. Se bastano due settimane per superare anni di bullismo ed incomprensini, allora sí, è ima ragazza in fase maniacale la cui storia, tagliata in quel modo violenti, è stata bullizzata anche da vi.
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La ringrazio per il suo commento, perché pone l’attenzione su come questi vissuti, e i cambiamenti nella vita in generale, non sono processi brevi, ma richiedono tempo e impegno.
Buona giornata
Alessandro Busi
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