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Alessandro Busi Psicoterapeuta Padova

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Mese: ottobre 2019

A cosa serve la psicoterapia?

21 ottobre 201918 marzo 2020
morgan-harper-nichols-OMXPrCAhxrE-unsplash

fotografia di Morgan Harper Nichols

A cosa serve la psicoterapia?

A tutti gli psicologi e psicoterapeuti è capitato che qualcuno ponesse questa domanda. Sono convinto che tutti i colleghi che hanno dovuto rispondere, l’hanno fatto con la consapevolezza che stavano dando una risposta parziale, perché la psicoterapia è un’esperienza così ricca e personale che è difficile dare una risposta univoca.

Va bene, ma: a cosa serve la psicoterapia?

Spesso queste cinque parole concluse dal punto di domanda portano con sé aspettative, speranze, paure (Es. dimmi che non serve a nulla! oppure dimmi che è la salvezza!) ma anche visioni del mondo come quella comune: la psicoterapia deve portare alla felicità.
Quello che spesso immaginiamo quando parliamo di felicità è una sorta di stato continuo di benessere, oppure di accettazione inscalfibile di qualunque evento doloroso che possa capitarci nella vita. Ma è possibile che la psicoterapia porti a ciò? O meglio: esiste qualcosa che porti a ciò? O meglio: è realistico questo desiderio?

dentro-e-fuori-la-stanza-2018Personalmente ho trovato molto interessante la risposta che dà la psicoterapeuta e scrittrice Costanza Jesurum nel suo “Dentro e fuori la stanza”, nelle cui pagine dice così:

la psicoterapia è quella cosa che serve ad allargare il campo d’azione che il sintomo psichico restringe. Non ci consegnerà alla tragedia, non ci consegnerà al paradiso, ma ci farà stare al mondo con più cose.

Dicevo che ho ritrovato in queste parole la mia idea di psicoterapia perché il vissuto con cui molte persone arrivano è quello di vivere situazioni senza via di uscita, da cui sentono di non avere le risorse per uscire perché immaginano solo la ripetizione dei soliti comportamenti, nella cui efficacia, però, non credono più.

Allora, a cosa può servire la psicoterapia?

Assunto che ogni percorso è a sé, la psicoterapia può servire a dare senso a ciò che facciamo, alle situazioni di dolore e di felicità, alle scelte di vita che abbiamo fatto, alle relazioni che viviamo; può servire ad avere uno spazio che contenga ciò che di noi non ci piace; può servire a sentirci compresi, delusi, felici, tristi, fiduciosi…
In altre parole, la psicoterapia può servire, non a trovare il modo giusto di vivere, ma a sentirci più liberi di cambiare.

Alessandro Busi

Padova, Mestrino e su Skype

 

Smiling depression: alla riscoperta della complessità

1 ottobre 201918 marzo 2020Lascia un commento

smiling-depression

In un articolo uscito a febbraio sulla testata Quartz, la ricercatrice Olivia Remes parla di un tipo particolare di depressione, che viene chiamato Smiling depression, o Depressione con sorriso. Ne parla come di una “depressione atipica”, difficile da scoprire perché, guardando la vita di queste persone da fuori, con gli occhiali del senso comune, “potrebbe sembrare che non abbiano alcuna ragione di essere depressi”, eppure.

Eppure, quello che ognuno di noi vive non è quello che si vede in superficie, ma la propria esperienza propria.

E cosa succede quando esperienza e superficie si allontanano?

Succede, per esempio, che ci convinciamo che dovremmo essere felici perché, che so, abbiamo un lavoro, anche se quel lavoro ci dà la sensazione di gettare le ore della nostra vita, allora ci imponiamo di silenziare questo vissuto.

Questo può accadere in molti ambiti: genitori che devono essere contenti di essere genitori, studenti che devono essere contenti di poter studiare, giovani che vanno a vivere all’estero e devono essere contenti di poter vivere questa esperienza.

Ma come ci sentiamo quando non è così?
Come ci sentiamo quando abbiamo dei dubbi?

La sensazione è quella di essere sbagliati, perché non riusciamo a provare quello che pensiamo di dover provare. Accanto a ciò emergono la vergogna di quello che sentiamo, la paura di deludere chi ci sta accanto, di passare per ingrati, di dare preoccupazioni che non ci sentiamo di dare e che temiamo potrebbero essere prese sotto gamba.

Che fare, quindi?

La Depressione col sorriso rappresenta proprio il tentativo di fronteggiare tutte queste paure: indossare una maschera sorridente e vincente, che nasconda quello che sentiamo. Il problema è che quello che sentiamo intimamente non scompare, ma rimane lì e diventa ogni giorno meno dicibile. Ci aggrappiamo sempre di più al fatto di “essere persone sorridenti” e ci sentiamo sempre meno di poter essere anche tristi.

Non è un caso che un’esperienza comune di chi viene in psicoterapia sia quella di scoprire che c’è almeno un posto in cui tutto quello che li fa vergognare è dicibile e, sorpresa, di incontrare una persona che non lo trova strano, assurdo, ma anzi, comprensibile.

Perché proprio questa è l’esperienza che molti sperimentano in una psicoterapia: da un lato, sentire che quello che vivono ha senso, magari non è quello che desideravano, ma ha senso nella loro vita; dall’altro, iniziare a pensare chi altro possono essere oltre alla “persona sorridente”, chi altro vogliono essere assieme agli altri, chi altro vogliono che gli altri siano per loro, che relazioni cercano.

Certamente non è così semplice, né lineare. Spesso le persone si trovano di fronte a paure che non vorrebbero avere, che sono lente e difficili anche solo da guardare, ma sanno di poterlo fare.

È così, infatti, che possono scoprire di essere complesse e che questa complessità non hanno più bisogno di nasconderla, ma possono scegliere, di volta in volta, come permettere a sé e a chi sta loro accanto di scoprirla.

Alessandro Busi
Padova, Mestrino e su Skype

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3275389290 alessandrobusi.psy@gmail.com

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