Mi piace iniziare a pubblicare brevi spunti di riflessione parlando di un tema caro alla Psicologia dei Costrutti Personali: la scelta.
Cosa vuol dire scegliere?
Spesso leghiamo l’idea di scelta a quello che facciamo in maniera semplice (Crudo o cotto? Mi dia un etto di cotto, grazie), oppure a qualcosa di grande e definitivo (Ho scelto: non possiamo più vivere assieme).
Cosa hanno in comune questi due modi di vedere la scelta?
In entrambi i casi, la scelta è pensata, è fatta in modo consapevole. Il resto non lo scegliamo, semplicemente ci capita.
Bene, allora mi chiedo: cosa succederebbe se a questi modi di vedere la scelta, ne aggiungessimo un altro?
Come vedremmo le nostre vite se scegliere fosse ciò che facciamo in ogni momento?
Il semaforo diventa rosso, mi fermo o proseguo?
Il lavoro va male, cerco altro, faccio finta di niente finché dura, mi lascio abbattere?
Il lavoro va bene, sono felice, o penso che andrà male domani e mi rattristo?
Gli esempi potrebbero essere moltissimi, ma il punto è che non c’è istante in cui non scegliamo, chiaramente dentro i limiti della nostra vita.
E quando lo facciamo, facciamo una scelta che è la nostra, frutto di come vediamo il mondo, cosa ci aspettiamo succeda, cosa temiamo e speriamo, come vogliamo essere, quali reazioni ci aspettiamo dagli altri, e via dicendo.
Questo vuol dire che come psicologo, quando mi siedo di fronte a una persona, a un paziente, sono di fronte a una storia di scelte, tutte con il loro senso e la loro importanza, tutte legate l’una all’altra in un susseguirsi che non è né giusto, né sbagliato, è il proprio personale.
Questo vuol dire che la persona che si trova in un momento di difficoltà, come ha costruito il percorso che in quel momento è in una fase di sofferenza, può anche cambiarlo, può ricostruirsi, ripensare alle proprie scelte e farne di nuove.
Questo vuol dire che se pensiamo alla nostra vita come a una serie di scelte e riconosciamo il nostro ruolo attivo in esse, da lì possiamo iniziare a cambiare le cose.