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Alessandro Busi Psicoterapeuta Padova

Ogni vita merita un romanzo

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Tag: crisi di coppia

Se ci deludessimo…

15 febbraio 202114 febbraio 2021
Immagine di Robert Indiana

Immaginiamo una storia di coppia.
Si sono incontrati cinque anni fa e qualcosa li ha reciprocamente attratti. Sono usciti assieme, si sono conosciuti, si sono piaciuti. L’uno era esattamente come l’altro lo desiderava; un impegno reciproco che cresceva man mano che si conoscevano.
Nei loro termini, desideravano il bene l’uno dell’altra.
Se un giornalista, uno di quelli che fanno le interviste in strada sotto San Valentino, avesse chiesto loro, qual è il segreto del vostro amore?, avrebbero risposto, senza pensarci troppo, che il loro segreto era esserci per l’altro, nel miglior modo possibile.
Pronunciando quelle parole, a uno dei due sarebbe scesa una goccia di sudore, assieme a un pensiero: ma se per una volta non ci fossi, cosa succederebbe?
Questo piccolo pensiero, questa dozzina di parole, avrebbe generato un vortice che avrebbe ruotato attorno a una domanda ancora più grande: se non fossi come si aspetta, cosa ne sarebbe di noi?

Questa è una domanda che spesso emerge nei percorsi di psicoterapia, non solo riferita ai partner, ma alle persone rilevanti della vita – familiari, amici, amanti, figli – perché, se da un lato è comprensibile e comune il desiderio di soddisfare i desideri di chi abbiamo accanto, dall’altro corriamo il rischio di convincerci che l’altra persona, se smettiamo di essere così soddisfacenti, non abbia altra ragione per stare con noi.
Beh, facile, allora non bisogna soddisfare i desideri degli altri!, si potrebbe dire.
Certo, anche questa è una possibilità, ma perché? Perché dovremmo privarci del piacere di far felice una persona a cui vogliamo bene? Per la paura poi di deludere le aspettative che potrebbe farsi? E poi ancora: se lo facciamo, avremo delle buone ragioni per cui lo facciamo, no?
Vabbè, ma allora, cosa bisogna fare?!

***

C’è una poesia della poetessa Alessandra Racca che recita così:

“Nico, mi fai una frangia cortissima?”
“Neanche se mi paga.”

Come il mio parrucchiere
vorrei mi trattasse la vita:
forbici in mano
e idee chiare
su come farmi stare bene
malgrado me.

[Alessandra Racca, Poesie antirughe, Neo edizioni, 2011]

Purtroppo (ma anche per fortuna), nelle relazioni, per quanto possa piacerci l’idea di sapere a priori cosa è giusto o sbagliato fare, o che qualcuno possa saperlo per noi, ci tocca fare come gli scienziati: provare, sbagliare, riprovare, essere soddisfatti, essere insoddisfatti, riprovare ancora, e via dicendo.
In questo modo possiamo vedere che ci sono momenti in cui desideriamo accontentare chi abbiamo accanto e altri in cui proprio non ci va; possiamo incontrare la paura di legarci, della responsabilità, oppure la paura di essere soli; possiamo scoprire la paura di deludere, il terrore di essere abbandonati, per cui ci ritroviamo a fare cose che magari nemmeno ci piacciono, ma è quello che sentiamo di poter fare; possiamo scoprire, però anche, che, se ci diamo la possibilità di deluderci e di deludere, ci sono altre ragioni che ci tengono assieme a quella persona, che sta con noi, non tanto – non solo – per quello che facciamo per lei, ma proprio per chi siamo; possiamo scoprire che è arrivato il momento di chiudere, oppure di ripartire da una domanda diversa, che ci apra a nuove possibilità; una domanda come: Se ci deludessimo, chi altro potremmo essere assieme?

Alessandro Busi
psicologo e psicoterapeuta
a Padova, Mestrino e su Skype

La riscoperta delle parole #10: crisi

5 ottobre 20204 ottobre 2020

Crisi è una parola di uso comune. Quando parliamo di clima, per esempio, come quando parliamo di economia, di sanità o di politica. In tuti questi contesti indica qualcosa che vorremmo evitare. 
Chi potrebbe mai desiderare un’altra crisi sanitaria?

Da alcuni anni, si fa un uso un po’ diverso della parola crisi nel mondo della psicologia divulgativa. Potremmo riassumerlo così: è importante abbracciare la crisi.
L’idea di fondo è che, senza una crisi personale, le persone non sono disposte a cambiare le proprie abitudini, anche quelle che le fanno soffrire, perché noi esseri umani preferiamo una vita dolorosa che conosciamo, rispetto a una potenzialmente più in linea con i nostri desideri, ma che non sappiamo se può esistere per davvero. Quindi dobbiamo essere contenti di essere in crisi.
Perfetto. Eppure mi chiedo: se una crisi è una crisi, ovvero un momento in cui le nostre certezze – magari non tutte ma molte – smettono di funzionare, un momento in cui non ci fidiamo più di noi stessi e quindi abbiamo paura a scegliere anche le cose più piccole, come possiamo pensare anche di doverla accogliere fin da subito, come si suol dire, come una bella opportunità?

Spesso in psicoterapia arrivano persone che vivono momenti di crisi personale, di coppia, familiare; persone che provano paura, vergogna, rabbia; persone che si guardano indietro e si incolpano per ciò che hanno e non hanno fatto, che sentono di voler cambiare, ma temono di intaccare equilibri – seppur dolorosi – faticosamente costruiti in una vita.
Altrettanto spesso queste persone arrivano con un carico in più da sopportare: non sono nemmeno capace di prendere questa crisi come si deve!
Così, al dolore per il vissuto personale, si aggiunge la colpa di non essere abbastanza veloci nel trasformare il dolore in forza, la sofferenza in un’esperienza con cui ci si è già pacificati.

La crisi è perciò un momento in cui ci sentiamo presi dentro un loop dal quale ci sembra impossibile uscire, da cui vorremmo fuggire il più velocemente possibile, ma temiamo che ogni scelta porti con sé implicazioni inaccettabili, allora meglio stare immobili.
Ma si può davvero stare immobili se il tempo immobile non lo è?

Tutto questo si accompagna a emozioni che, talvolta come ondate di mareggiata, talvolta come sotterranei fiumi carsici, entrano nelle nostre giornate e ne lasciano il segno. Il dolore, la paura, la speranza, la delusione; la sensazione che non ci sia niente da fare e l’entusiasmo, di solito effimero, che le fa da contraltare…

E allora ci chiediamo: ma che senso ha?
Sono convinto che parte del lavoro della psicoterapia sia proprio quello di rispondere a questa domanda: dare significato al dolore che viviamo, perché da lì, posizionando quel dolore dentro la nostra vita e riconoscendone il ruolo, possiamo ricostruire la nostra storia, passata e quindi futura.

E sono anche convinto che altrettanto importante sia darci il tempo di stare dentro quella crisi e quelle emozioni, dentro anche al desiderio di scappare da quella crisi, perché sono le nostre emozioni e in quanto tali ci meritiamo di rispettarle.
Sono convinto che, se ci sentiamo in crisi e non viviamo questa crisi come una veloce nuvola di passaggio, allora vuol dire che quella crisi è importante nella nostra vita e merita che ce ne prendiamo cura, prima di vederla come qualcosa da ringraziare per passare oltre.

Alessandro Busi
a Mestrino, Padova e su Skype

Le precedenti parole riscoperte sono: attesa, quasi, vulnerabilità, come se, relazione, virtuale, anche, compromesso e concretezza.

Il segreto di un matrimonio felice è sapere come litigare

10 febbraio 202018 marzo 2020

Due anni fa lessi questo articolo del New York Times e pensai che sarebbe stato bello tradurlo per il blog. Vai a capire perché, non l’ho mai fatto, fino a oggi.

In questo breve pezzo la psicoterapeuta californiana Daphne De Marneffe entra nelle dinamiche di coppia e in quello che per molti è un tabù: una coppia felice può litigare?

Nei miei colloqui di psicoterapia lo spazio per il litigio, anche per la rabbia, nelle relazioni è una tematica che torna spesso, quindi vi propongo alcuni stralci dell’articolo perché credo dia una prospettiva interessante.

Alessandro Busi
Padova, Mestrino e su Skype

Jing wei

Immagine di Jing Wei presa dall’articolo originale del New York Times

Il segreto di un matrimonio felice è sapere come litigare

Quando le coppie passano da sussurrarsi cose dolci ai preparativi del matrimonio, le loro teste sono occupate da scadenze, cose da fare, incombenze. La loro attenzione sarà catturata dal Grande Giorno, non da cosa succede dopo.

E perché no? Le coppie comprensibilmente vogliono assaporare la loro gioia elettrizzante. Il sociologo Andrew Cherlin sostiene che il matrimonio sia passato da svolta a fondamento della vita adulta. Quindi, sono meno un passo per la coppia e più uno spettacolo del proprio “sono arrivato”.

Questo “matrimonio fondamenta” ci spiega perché questa decisione porti con sé una grande quantità di stress e intensità, e perché poi ci si aspetti che anche le routine familiari seguano lo stesso schema perfetto. Non è così […]. Spesso vedo coppie il cui congelato matrimonio di 17 anni inizia a sciogliersi quando riescono a dirsi cose difficili, ma che devono essere condivise.

I fidanzati devono pianificare il matrimonio. Ma mentre pensano al grande giorno, dovrebbero anche pensare a come affronteranno i loro disaccordi. Abbiamo costruito l’amore e il matrimonio in un modo così ideale che le persone sono spaventate di pensare quanto può essere complesso.

Prendiamo l’esempio dei soldi, una fonte di tensione nel matrimonio, da sempre. Tre quarti delle coppie pagano più di quello che volevano per il giorno del matrimonio. […] Ma le decisioni legate ai soldi non smettono mai di essere sfidanti. Sento molte coppie discutere perché uno dei due sente che l’altro è un ostacolo, invece di notare che è la vita stessa a presentare ostacoli. Le scelte economiche devono essere prese tenendo presente le idee dell’atro, che spesso saranno in disaccordo con le proprie. Per questo molti decidono di non parlarne apertamente, e covano in silenzio.

Una volta, in un ristorante, sentii una giovane donna annunciare al suo partner che aveva deciso di lasciare il lavoro per occuparsi del matrimonio. Ci fu un silenzio straziante. Qualcosa doveva essere detto – perché non me ne hai parlato prima?. Invece, lui rimase in silenzio.

Le persone che lavorano in terapia con le coppie, spesso parlano del bisogno di costruire una “storia di coppia”, ma, se le coppie iniziano a collaborare, devono anche prevedere come avere conversazioni utili, e le conversazione, a differenza dei monologhi, possono essere molto dure.

Nella nostra cultura avversa al conflitto, spesso non prendiamo queste capacità di litigare come parte dell’amore. Ho visto però che i matrimoni migliori coinvolgono persone che fronteggiano emozioni negative […]: non rinnegano la rabbia, ma nemmeno la vivono con soddisfazione; affrontano le cose in modo forte senza smettere di prestare ascolto; chiedono scusa se fanno qualcosa di male.

Quello che conta in un matrimonio è ciò che rendiamo possibile oltre al rossore iniziale: conversazioni che siano profonde, intime e sincere. Non ci incontriamo attraverso una comprensione mistica: ci innamoriamo con la passione, poi realizziamo l’amore attraverso continue conversazioni.

Con quelle discussioni coltiviamo l’attitudine emotiva essenziale del matrimonio: io posso capire ciò che pensi e senti, senza che ciò mi privi della mia esperienza. La tua realtà non cancella la mia.

Tutto questo può sembrare noioso o di poco conto nella lista delle cose da fare, ma nella vita di coppia le emozioni chiedono tempo.
L’artista Georgia O’Keefee disse: “nessuno vede un fiore – veramente – è troppo piccolo e richiede tempo – non abbiamo tempo – ma vedere richiede tempo, come avere un amico richiede tempo”. Quello che molti cercano in un matrimonio è avere un amico intimo. La chiave per un amore duraturo è prendersi il tempo di capire e decidere cosa fare.

Il giorno del matrimonio è una celebrazione di un giorno, ma la vita di matrimonio è una processo senza finale scritto di incomprensioni da sciogliere. Quindi auguro a tutti i nuovi fidanzati una grande gioia. Ma auguro anche che, fra catering e inviti, si prendano una paura per pensare come litigano e come vogliono parlare.

CONTATTI

3275389290 alessandrobusi.psy@gmail.com

Padova

Via Altinate 128, 35121, Padova

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Alessandro Busi Psicoterapeuta Padova

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Dott. Alessandro Busi psicologo-psicoterapeuta

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